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Crisi In Venezuela: Storie Di Migrazioni – Intervista a Maria Cecilia Peña e Cesar Giorgio

Scritto da:

Benedetta Pisani

HUMANS nasce per ascoltare le storie di persone lontane e condividerle con voi. Talvolta, queste storie viaggiano un po’ in giro e, poi, capitano proprio qui, nel punto in cui noi le raccontiamo.

Maria Cecilia Peña è un’audace giornalista, nonché fotografa di talento. È nata in Venezuela e si è laureata in Comunicazione e Cultura dei Media presso l’Università degli Studi di Torino.

Cesar Giorgio è un ingegnere. È nato in Venezuela e lavora a Genova. E ha un pezzo di cuore qui, a Torino. Il suo amor, Arianna,è una delle mie più care amiche e, da pochi mesi, mia vicina di casa.

… Questa volta abbiamo giocato in casa!

Però, lo sapete… Le storie hanno un’anima. Ogni vita porta con sé emozioni e sensazioni uniche. Ogni Paese può avere innumerevoli facce. Chi lo vive ne modifica costantemente i profili, le alture e le zone d’ombra. Chi decide di andare via, porta nel cuore immagini e profumi diversi. Ricordi e speranze diverse.

Cosa vi ha portato a prendere in considerazione l’idea di lasciare il Venezuela? Vi va di raccontarci la vostra esperienza migratoria e le motivazioni che ne sono alla base?

CESAR

Ho lasciato il paese per la situazione politica ed economica. Lavoravo nella più importante società produttrice di petrolio e gas ma, nonostante ciò, guardandomi intorno, non vedevo un futuro per me e la mia famiglia. Ho deciso di venire in Italia perché mio nonno era italiano, emigrato in Venezuela negli anni ’50, e grazie a lui ho la cittadinanza.

All’inizio è stato molto difficile perché non sapevo una parola di italiano però questo non è stato un impedimento… La mia attitudine è sempre stata positiva e il mio sorriso contagioso ha fatto sì che trovassi sempre un lavoro e delle buone amicizie.

MARIA CECILIA

Da sempre sostengo che lasciare il Venezuela non sia stata una una mia scelta personale. La situazione politica mi ha obbligata ad andare via.

La ragione principale è stata la crisi economica – une delle più grandi nella storia dell’America Latina – e l’insicurezza a cui mi sentivo costantemente esposta… Il Venezuela è uno dei paesi più pericolosi al mondo. Come giornalista mi sentivo privilegiata, perché lavorare in un ufficio stampa durante una dittatura ti fa imparare tanto quanto un medico durante una pandemia. Ma a un certo punto, mi sono resa conto che il lavoro migliore che potessi desiderare non era in grado di proteggermi dai pericoli di Caracas, né di assicurarmi una stabilità economica negli anni.

Per questo motivo ho scelto di lasciare il mio paese. Studiare e prepararmi per poi tornare lì e contribuire alla ricostruzione del sistema di comunicazione, considerando che negli ultimi anni, molti canali TV e radio sono stati censurati e i giornalisti che denunciano tali soprusi da parte dello Stato vengono perseguitati.

Da anni, il Venezuela è sotto la lente d’ingrandimento dell’ONU che accusa Maduro di “violazioni sistemiche dei diritti umani, compresi omicidi e torture”. Nell’ultimo Rapporto, infatti, si legge che nel Paese “lo stato di diritto e le istituzioni democratiche hanno fallito”. A queste affermazioni, l’ambasciatore venezuelano presso le Nazioni Unite, Jorge Valero, ha ribadito sottolineando la grave influenza che tale relazione potrebbe avere sul dialogo in corso tra il governo e l’opposizione, sommata alle pesanti sanzioni imposte dal presidente Trump. Di certo, non si può negare che tutto il potere, in Venezuela, sia sotto l’influenza di Maduro. Magistratura, esercito e canali televisivi sono sottoposti al suo diretto controllo e l’Asemblea Nacional di Guaidò rimane l’unica istituzione indipendente, anche se privata di tutti i suoi poteri legislativi.

Quale effetto hanno avuto le sanzioni statunitensi sul popolo venezuelano? E l’opposizione che ruolo sta giocando in questo presunto dialogo con il potere?

CESAR

A mio parere, l’effetto delle sanzioni statunitensi ed europee si ripercuote solo sul settore petrolifero e, di conseguenza, su quello economico, in quanto le maggiori entrate dello stato derivano proprio dal petrolio.

Altre sanzioni sono invece dirette a persone che collaborano con la dittatura, accusata di violazione dei diritti umani, corruzione, appropriazione indebita di fondi e narcotraffico, e frode. Per la precisione, si tratta di 52 persone facenti parte del regime e 76 imprese.

Parte dell’opposizione appoggia questo gioco, mentre un’altra parte lo condanna e collabora con le organizzazioni internazionali – come l’ONU, l’OEA (Organización de los Estados Americanos), il Gruppo di Lima, etc – fornendo prove che denunciano il sistema.

MARIA CECILIA

La situazione del Venezuela trova le sue origini ben oltre l’influenza da parte degli Stati Uniti. L’ONU ha pubblicato un documento in cui Maduro viene denunciato per crimini contro l’umanità. Sono tante le prove che confermano i legami del governo venezuelano ai traffici di droga, quindi le sanzioni imposte ai principali dirigenti politici del Venezuela, in un certo senso, ostacolano la libertà con cui vengono commessi tali delitti . In realtà, queste sanzioni aiutano solo in parte il popolo venezuelano…L’opposizione, accettando di dialogare con criminali del genere, non fa altro che peggiorare le cose.

Sebbene tutto sembra poter essere sconvolto dalle mani dei militari – persino il risultato di libere elezioni – la fedeltà delle forze armate e l’appoggio di potenze internazionali non basta per far ripartire un’economia schiacciata dal crollo della produzione petrolifera, da un’iperinflazione che ha raggiunto livelli mai visti prima e dall’impennata delle emigrazioni, soprattutto verso Brasile, Messico e Stati Uniti.

Quali sono le cause scatenanti della crisi economica venezuelana? Credi che sia necessario un intervento esterno per poter rallentare e, magari, frenare il tracollo finanziario?

CESAR

Le cause scatenanti della crisi sono le stesse a cui ho accennato prima. Credo che l’unica maniera per fermare la crisi sia un intervento militare da parte di un’alleanza di paesi contrari alla dittatura, mirato in modo specifico alla rimozione dei vertici del regime.

Questo non è solo il mio pensiero ma quello del 90% della popolazione.

Gli USA hanno fissato una ricompensa di 15 mln di dollari per la cattura di Maduro…

MARIA CECILIA

È difficile segnalare le cause di una crisi che ha avuto inizio più di vent’anni fa. Quando Hugo Chávez è diventato presidente, io avevo solo 4 anni… La corruzione è, senza dubbio, alla base di tutto. Nel caso del Venezuela, dopo così tanti anni, credo che sia assolutamente urgente e necessario un aiuto da parte della comunità internazionale.

Al fianco di Maduro si sono schierati potenti leader della scena politica internazionale, tra cui Russia, Cina e Cuba. L’opposizione, invece, è sostenuta da Stati Uniti, Europa e membri del gruppo di Lima.

Sembra trattarsi di un’evidente contrapposizione ideologica. Uno scontro che nasconde rilevanti interessi economici e geopolitici… Non credi che lo storico rigetto della politica estera americana da parte di Russia e Cina possa aver contribuito ad adombrare le colpe di Maduro, facendo cadere tutte le responsabilità della crisi venezuelana su Trump?

CESAR

La crisi venezuelana è interna. Non ha a che fare con interessi geopolitici anche se il regime cerca di portare l’attenzione al di fuori del paese, accusando i paesi contrari.

MARIA CECILIA

La responsabilità della crisi venezuelana non ricade solo su Trump, Obama, Russia o Cina… La responsabilità è di Chavez, Maduro, Diosdado Cabello e di tutti i suoi colleghi al governo; e anche, in parte, dell’opposizione che ha commesso degli errori gravissimi negli ultimi anni. Tutti gli altri paesi sono personaggi secondari. Necessari ma secondari. In Italia, le notizie sono filtrate e parziali, e vedono Trump come protagonista nella scacchiera venezuelana. Ma non è così. Non dobbiamo togliere la responsabilità ai veri criminali, Loro sono i primi e veri colpevoli.

Senza voler in alcun modo minimizzare la crisi interna interna venezuelana, ma anzi per volerne comprendere più a fondo le cause, vorrei per un attimo mettere da parte lo scenario drammatico e critico allestito dalla maggior parte dei media occidentali quando si parla di democrazia in Venezuela.

Qualche giorno fa, mentre raccoglievo il materiale per l’intervista, ho letto un articolo super interessante, pubblicato da L’Indiependente. L’autrice ha descritto con cura e trasporto il ruolo potente svolto dalla musica nel paese della Simon Bolívar Orchestra Sinfonica , una gioiosa, giovane e armoniosa carezza artistica.

L’orchestra è nata nel 1975, a partire dal coraggioso progetto di José Antonio Abreu, El Sistema. Un riscatto intellettuale e culturale che ha consentito di abbattere le barriere elitarie costruite forzatamente intorno a un bene collettivo e accessibile a tutti: la musica.

In un paese estremamente giovane e con un tasso di povertà notevole come il Venezuela, la musica è diventata una “questione di welfare”, un vero e proprio diritto costituzionale. Un’opportunità di riscatto e di integrazione sociale ed economica. La musica è pasiòn liberadora, un sentimento primordiale. La musica è il porto sicuro in un mare di trambusto. È speranza e volontà di farsi condurre dalle sue note verso la felicità.

Maria Cecilia, Cesar…Cos’è per voi la felicità?

Per me la felicità si concentra nel momento: ballare, bere una birra con gli amici, la salute della mia famiglia, una passeggiata con la mia ragazza, preparare un buon piatto, avere una conversazione interessante e arricchente con qualcuno. Sono felice di essere nel paese in cui mi trovo oggi… Gli devo molto per questa opportunità.

Dopo essere cresciuta in un paese con tanti problemi, per me la felicità è la gioia che si trova nei piccoli dettagli. È il sorriso che nasce quando fai ciò che più ti piace con i tuoi amici, con la tua familia… Viviamo in un mondo in cui ci si lamenta per tutto. E crescere in Venezuela mi ha insegnato ad apprezzare di più le cose che spesso si danno per scontate. Questa per me è la felicità.

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