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La Cittadinanza Come Responsabilità Politica, Sociale E Civile – Intervista a Mihaela Iacob

Scritto da:

Benedetta Pisani

Mihaela è una giovane neo-laureata in Scienze Internazionali all’Università di Torino. Ricordo il suo sorriso dolce, gli interventi brillanti a lezione e le conversazioni spensierate al bar del Campus. Ed è proprio lì che l’ho conosciuta. Un luogo dinamico e affascinante, nella cui immensità mi sono sentita accolta fin dal primo giorno. E di cui oggi sento un’incredibile nostalgia.

Quando ho chiesto a Miha se avesse voglia di condividere la sua storia di italiana senza cittadinanza, lei ha accolto la proposta con grande entusiasmo… Una chiacchierata in amicizia, proprio come quelle che facevamo durante la pausa caffè alle macchinette 🙂

Quella romena è la comunità più numerosa sotto la Mole, dove anche quest’anno si è celebrata – con le dovute accortezze – un’importante ricorrenza nazionale: il 102° anniversario della Grande Unione, momento storico in cui regioni abitate dal popolo romeno si unirono, dando vita a un unico Stato.

Fra Torino e la Romania esiste un rapporto reciproco di scambio e arricchimento culturale e sociale, oltre che commerciale. Condivisione di valori e impegno civile.
Presupposti imprescindibili per essere individui attivi nella comunità di cui si è parte. Ma alla base di tutto, esiste un vincolo giuridico, troppo spesso ostico e ostile. Quello della cittadinanza.

Si tratta di uno specifico status (c.d. civitatis), al quale l’ordinamento garantisce la pienezza dei diritti civili (il diritto di manifestare la propria opinione e di professare la qualsivoglia religione, nonché l’uguaglianza di fronte alla legge, giusto per citarne qualcuno… ), diritti sociali, tra i quali rientra l’accesso alle prestazioni pubbliche, come quella sanitaria o scolastica, e diritti politici, il cui pieno godimento consente di votare i propri rappresentanti e candidarsi alle elezioni. Appassionata di politica e attivismo, Mihaela è stata privata per anni dei suoi diritti fondamentali. Fino a pochi mesi fa, era un’italiana senza cittadinanza.

Ti va di raccontarci la tua esperienza? Quali ostacoli hai dovuto affrontare affinché ti tuoi diritti fossero riconosciuti?

Certo. Prima di tutto volevo ringraziarti per quest’opportunità e per la cordiale presentazione accordatami. Ricordo anche io con estremo piacere le chiacchierate rubate davanti alla macchinetta del caffè all’università.

Parto dicendo che sono in Italia da ormai 15 anni, ma sono riuscita a ricevere la cittadinanza solo quest’anno. Ho posto la domanda di cittadinanza due anni fa, quindi dovrei ritenermi fortunata, visto che ai miei genitori questa è arrivata dopo 4 o 5 anni. Prima dei miei 18 anni, mi sono informata per poter richiedere lo status di cittadina, visto che ho sempre avuto il desiderio di contribuire attivamente alla res publica. Ho voluto aspettare prima di farlo per essere convinta di questa scelta: acquisire una nuova cittadinanza è un impegno politico, sociale e civile. Perciò, dopo molti ragionamenti, nel 2018 ho deposto la richiesta, in via telematica e senza particolari difficoltà, e a ottobre di quest’anno ho prestato il giuramento di rispettare la Repubblica Italiana e i suoi valori. Ero molto emozionata.

In Italia, il moderno concetto di cittadinanza prende forma al momento della costituzione dello Stato unitario ed è disciplinata dalla legge n.91/1992

Cosa prevede questa legge e perché è necessario apportarvi urgenti modifiche?

La legge disciplina lo ius sanguinis ma anche la naturalizzazione di stranieri che hanno risieduto sul territorio italiano da almeno 10 anni (come me, secondo l’articolo 9, comma f), oppure che hanno sposato un/a cittadino/a italiano/a.

Regolare a livello legislativo un’identità è difficile. Mi sono sentita italiana da molto tempo, ma a livello legale non lo ero. Per questo bisognerebbe, secondo me, integrare lo ius sanguinis con lo ius soli, ma anche lo ius culturae, dimostrando un’apertura istituzionale alla varietà di identità presenti nel tessuto multiculturale italiano.

Nella lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il Movimento #ItalianiSenzaCittadinanza, riportando l’art.3, comma 2 della Costituzione italiana, ha sottolineato il fallimento dell’obiettivo in esso auspicato.

“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Tali ostacoli persistono, rafforzati da discriminazioni, lentezza burocratica e rigidi formalismi, e calcificano una “concezione prettamente elitaria ed economica della cittadinanza”.

In che misura l’economia condiziona l’intera procedura? E che costi ha una pratica per richiedere la cittadinanza italiana?

Prima di arrivare alla questione, desideravo delineare il fatto che per me la cittadinanza italiana non ha un costo, ma un valore. Le pratiche burocratiche richiedono, però, un costo e questo si aggirava sui 200 euro più una marca da bollo, quando ho presentato io la domanda. Il Decreto Legge del 4 ottobre 2018 ha cambiato tale somma in 250 euro più la marca da bollo di 16 euro. Bisogna, però, a mio avviso, non arrivare solo a richiedere una somma considerevole al potenziale cittadino, il quale potrebbe vedersi scoraggiato dall’accollarsi eventuali spese. Perciò, penso che un costo maggiore possa diventare un disincentivo a richiedere lo status di cittadino/a e di partecipare attivamente alla vita politica e sociale del paese.

Mihaela è una poetessa. Scrive bellissime poesie, che sta raccogliendo con cura…
Alla domanda cos’è la poesia?, il poeta rumeno Valeriu Butulescu, risponderebbe che la poesia è nata “la notte in cui l’uomo ha iniziato a contemplare la luna, consapevole del fatto che non era commestibile”. E quella stessa notte, ha cominciato un tête-à-tête con i suoi sentimenti. Forse la poesia è una “grammatica dei sentimenti”. E la passione civile, sociale e politica di Mihaela trova cittadinanza nelle sue righe.

Quale delle tue opere rappresenta meglio le emozioni che provi in questo momento della tua vita? E quale sceglieresti per descrivere l’idea che hai della felicità?

Di sicuro Nuova alleanza con una vecchia amica rappresenta bene come mi senta adesso e chi sia. Sto cercando di accettare i miei difetti e di renderli nuovi cristalli da sfoggiare e quindi quell’opera dimostra come io abbia fatto pace con me stessa, di come sia diventata amica con la mia versione che desideravo sempre migliorare. Non si può raggiungere la perfezione, pur volendo sempre migliorarsi.

I difetti… Beh, loro stanno sempre lì a ricordarti cosa sia l’umanità. Siamo umani perché possediamo difetti, oltre ai pregi, ovviamente. Siamo bellissimi per questo.

Per quanto riguarda la seconda questione mi collegherei al concetto di felicità che sto acquisendo pian piano. Due anni fa non conoscevo cosa volesse dire essere felici in una coppia; riuscire a trovare in una persona il tuo migliore amico, la spalla sulla quale piangere, ma anche la persona che tifa sempre per te, qualsiasi sia la situazione. Beh, diciamo che la vita mi ha portata a sperimentare anche questa prospettiva. Una poesia molto importante che dà valore a questo tipo di relazione, di sentimento profondo e reciproco è Boreale e direi che molte persone possano immedesimarsi nei due protagonisti della mini opera. Perciò, vi invito a leggerla e condividere il vostro pensiero. Sono aperta ai diversi punti di vista, dato che la felicità è un concetto che racchiude diverse sensazioni ed esperienze. È un percorso, ma anche un obiettivo.

Io spero che la Felicità sia la vostra massima Aspirazione, ne vale la pena.

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