Associazione Vie D’Acqua – Chiacchierata Fluviale Con Marco Bonfante

Il Po è balneabile. Comincia così la mia chiacchierata fluviale con Marco Bonfante, co-fondatore dell’Associazione Vie d’Acqua, nata tre anni fa grazie a un fortunato incontro di intenti, personali e professionali, con il socio e amico, Marco Borrelli.
“Andai a presentare il mio progetto alla Città Metropolitana di Torino per un discorso di supporto alla finalizzazione della proposta progettuale, finanziata dal fondo climatico per l’ambiente europeo, LIFE. Lì, incontrai una funzionaria, la quale mi disse che un ragazzo aveva scritto una tesi sugli sbarramenti fluviali. Quel ragazzo era Marco Borrelli, il mio socio. È scoccato questo amore professionale e un anno dopo abbiamo deciso di dar vita alla nostra associazione.”
Il sinuoso tappeto di alghe che avvolge le acque del fiume Po di certo non appare allettante a un occhio poco esperto come il mio. Ebbene, tutte quelle verdi creature acquatiche – oggetto di estrose bestemmie da parte dei canottieri – indicano, in realtà, che il fiume è in ottimo stato di salute. Dunque, nel Po ci si può immergere senza timore di uscirne con due teste. Lo conferma anche l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte (ARPA), un organo scientifico parastatale che si occupa di campionamento acque e allerte meteo. Nelle sue ultime rivelazioni, ha riscontrato che il fiume è chimicamente balneabile, quando non destabilizzato da periodi di secca o da eventi esogeni dannosi, come lo sversamento di sostanze tossiche avvenuto durante il primo lockdown all’altezza di Saluzzo… Un episodio tragico che ha falcidiato la fauna ittica in piena fase di riproduzione.
“Se non ci fossero le piante, non ci sarebbero nemmeno i pesci. E se non ci fossero i pesci… non ci sarebbe vita! Le alghe che vedi sono autoctone, ma con la soluzione “fai da te” che l’attuale giunta ha deciso di attuare tre anni fa, le spore hanno proliferato. Queste hanno, poi, un’altra nobile funzione: bloccano le plastiche che navigano indisturbate sulla superficie del fiume, formando però delle isole di plastica. Sai, un canottiere che fa lo sprint, ci sfreccia davanti e non le vede neanche… A me, quando sono in kayak, piange il cuore. Quando ero piccolo, il fiume non era così… Puzzava da morire. Andavo ai Murazzi con i nonni e per arrivarci ci facevamo quattro passi sotto i portici (all’epoca era bello, i portici erano vuoti, perché senza negozi la gente non si muove). Ricordo che c’erano bolle sulla superficie, pesci galleggianti… Una roba imbarazzante. Ci sono dei tratti di Po all’altezza di Cremona, alla confluenza sotto Pavia col Ticino dove il comune aveva rimosso le ordinanze di divieto di balneazione. Poi, poco alla volta…”
Con creatività e entusiasmo, l’Associazione porta avanti numerose iniziative ed eventi, finalizzati a scuotere le coscienze di chi il fiume lo ammira da lontano, come retroscena suggestivo e fotogenico di una quotidianità prettamente terrena. Quando, però, la politica partitica si insinua nei piani con ostilità, come uno svasso incazzoso, compaiono anche i problemi.
“Due anni fa, era avvenuto un brutto fatto di cronaca; una ragazza era stata violentata al Valentino. La circoscrizione 8, decise di organizzare, come simbolo di protesta contro il degrado, la desertificazione di attività al parco, una notte bianca. Allora, noi abbiamo proposto una bella fiaccolata fluviale, per mandare anche un messaggio dalle acque: si accendono le sponde, ma anche il fiume è illuminato. L’iniziativa voleva, di fatto, anche mandare un messaggio chiaro contro le politiche di non rinnovo e di chiusura dei bandi dell’attuale giunta… Il prefetto, quindi, decise di bloccarla per “motivi generici di ordine pubblico”. A quel punto, ci siamo chiesti: l’occupazione del suolo pubblico vale solo per la terraferma, no? Perfetto, sganciate una piarda galleggiante. DJ set, casse… e ho suonato in mezzo al fiume.”
In occasione del World Clean Up Day, il 12 settembre 2021, l’associazione Vie d’Acqua ha organizzato un evento di ripulitura focalizzata sulle sponde ripariali del Po torinese, dove l’incuria da parte dei singoli cittadini e l’assenza di interventi strutturali si sommano in un cumulo di degrado morale e ambientale. Eccezion fatta per condizioni meteo sfavorevoli, l’accesso è estremamente semplice per chiunque voglia dare il proprio contributo. Tutte le informazioni utili sono disponibili sulla pagina Facebook dell’associazione. Anche in momenti di solidarietà e socialità come questo, l’aspetto più umano rimane impigliato in una rete soffocante fatta di ideologie partitiche e basi programmatiche di intenti, comportando una inevitabile devalorizzazione delle opere di volontariato.
“Mi capita spesso di organizzare giornate di ripulitura, senza bisogno di eventi Facebook…L’ambientalismo italiano, da questo punto di vista, commette un grande errore; ossia, trasformare questi spazi in cattedrali nel deserto inaccessibili alle attività antropiche. Tutto diventa partitico: devi rimanere vincolato al tuo mantra di partito. Lo trovo inconcepibile. Se vado a ripulire il fiume, io sto facendo un atto politico da singolo cittadino ma non vedo perché mi debba per forza affiliare a qualche ente, qualche associazione!”
La barca in legno scivola leggera sul fiume e qualcuno dalla terraferma ci fotografa. Ammetto di aver vissuto qualche secondo di gloria… Un ibrido tra una seducente Silvana Mangano a bordo del Riva e un fenomeno da baraccone da immortalare in un’istantanea.
“La gente non è più abituata a vedere scene del genere. Se pensi come se lo vivevano fino agli anni ‘60, il fiume… La domenica cosa si fa? Ci affittiamo una barca. Adesso non esiste più questa tradizione. Questa, poi, era una barca da merci e da passeggeri, comoda, spaziosa. Hanno un pescaggio molto ridotto, fatto apposta per la laguna, così anche in caso di bassi fondali puoi continuare a navigare. È un po’ bucata sotto… lo so che detta così può generare panico ma come dice Loretta Berti: finché la barca va, lasciala andare!”

La brezza fluviale è così piacevole che quasi dimentico lo sforzo a cui ho sottoposto Marco senza pietà: raccontare vita, morte e miracoli del fiume e, nel frattempo, pagaiare sotto il sole di luglio per due ore. Ma quando si tratta del Po, lui sembra essere una risorsa inesauribile di informazioni, aneddoti, vissuti personali… Mentre mi parla, l’amara consapevolezza delle difficoltà da affrontare è alleviata da momenti di esilarante spontaneità.
“Il fiume non è solo la superstrada dell’agonismo ma anche un potenziale volano turistico, occupazionale, economico. Adesso vorrebbero ripristinare la navigazione per il turismo fluviale e noi contestualmente abbiamo fatto passare una mozione per rendere questi sei attracchi punto di approdo e sbarco anche per i privati. Non tutti hanno la possibilità di pagare una quota annuale presso una società remiera e non c’è nessun regolamento regionale che vieti la circolazione a remi sul tratto torinese. Un sub può venire a San Salvario con la sua sacchetta, gonfiarla a bordo fiume e uscire… è un suo diritto! Nel 2016, gli attracchi sono stati dismessi perché la piena si è portata via i due vaporetti che solcavano il fiume. Quando facevamo agonismo e li sentivamo passare, ci mettevamo sulla terrazza dello spogliatoio a mostrare i culi ai turisti: un benvenuto di tutto rispetto!”
Vivere solo sulla terraferma non offre l’opportunità di entrare in contatto con la fauna estremamente interessante del fiume. Oltre alle natiche dei canottieri, il Po è abitato da meravigliose specie animali da ammirare e tutelare. La folaga, erbivora e tranquilla; lo svasso, un po’ fetente e incazzoso; l’anatra mandarina, che dalla Cina è stata introdotta nel Nord Europa e, una volta lasciata libera, è arrivata fin qui; il cormorano, “l’uccello più cazzone del fiume, molto più bravo a tuffarsi in acqua che a volare”… Poi, c’è Albina, l’unico germane reale albino del fiume.
“Io da terra non mi oriento. Sul fiume invece ho piante, nidi… che sono i miei punti cospicui di navigazione. Se siamo fortunati, ci vediamo sfrecciare davanti un martin pescatore, quello che D’Annunzio avrebbe chiamato “alcione”. Piccolo, con il petto azzurro cobalto, sgargiante. Dei siluri, tozzissimi. Non so neanche come facciano a volare… Sono bellissimi quando scendono in picchiata dagli alberi per prendere i pesciolini. Qui, poi, ci sono dei pesci siluro di un metro e mezzo, molto voraci, originari del Danubio, dove si stavano estinguendo… per questo li hanno portati qua. Resistono molto bene in ambienti con acque calde e un po’ sporche, rispetto agli autoctoni come lo storione che risaliva la corrente, anguille, capitoni…”
Dal fiume, si ha una percezione della città totalmente diversa. Immobile e silenziosa. In due ore ho scoperto luoghi che non avevo mai notato in due anni di passeggiate lungo le sponde. Il ponte Balbis degli anni ‘20; il CUS Torino Acquatica, dove si allena il fior fiore di atleti; una caverna ramaglie costruita da un pescatore di settant’anni con i materiali recuperati dal fiume… “Altro che quei master di eco-edilizia… Hai delle cose al fiume che la gente di terra non si immagina neanche!”.
Tra questi posti nascosti agli occhi di chi vive la città solo dalla terraferma, c’è l’Associazione Marinai d’Italia con il suo sommergibile del 1914. Incuriosita da questo speciale tipo di naviglio, qualche giorno dopo la chiacchierata fluviale con Marco, mi sono diretta a passo spedito verso Viale Marinai d’Italia, 1. Lì ho avuto la fortuna di incontrare Toni Pusateri, consigliere e socio, che con grande entusiasmo mi ha raccontato qualcosa in più sulla storia del sommergibile Andrea Provana.
“Il sommergibile Andrea Provana, della classe Barbarigo, viene costruito nei cantieri di Monfalcone nel 1914 ed entra in funzione alla fine del 1918, un mese dopo la fine della prima guerra mondiale. Andrea Provana era il conte di Lenì, il primo comandante vittorioso nella battaglia di Lepanto. Per questo, il sommergibile è stato intitolato a lui. Durante la navigazione – il sommergibile era utilizzato dall’Accademia Navale di Livorno per i cadetti dei sommergibilisti, al Largo di Portoferraio -, il motore di sinistra, un Fiat San Giorgio – sono motori costruiti qui a Torino – si incendia e viene trainato a La Spezia per essere dismesso. Il re Vittorio Emanuele, nel 1922, vuole fare una fiera della scienza e della tecnica al Valentino e desidera portare una nave a Torino. Il problema era come portare, nel 1922, una nave a Torino. Decidono di tagliare la parte di poppa del sommergibile e portare la parte centrale. Tagliando la torretta, viene portata su un treno, il quale arriva a Porta Nuova: lì, come con i trenini dei bambini, mettono i binari e il treno va avanti, poi staccano i binari di dietro e li mettono avanti, fino a far arrivare la nave a Torino. Questa associazione è la prima Associazione Nazionale Marinai di Italia, del 1896, e chiede l’autorizzazione al comune di Torino di lasciare qui il sommergibile. Quindi, da allora, questo è qui e ce ne occupiamo noi.”
Continuiamo a navigare, quando un enorme stabilimento in disuso colpisce la mia attenzione: è il vecchio Sisport Fiat. Abbandonato da ormai 7 anni e destinato a un irreversibile deterioramento, nessuno lo rileva ma continuano a costruire nuove strutture, investendo denaro e occupando spazi in modo poco ingegnoso e rispettoso.
“A livello sociale, in termini di circoli sportivi, la Fiat era molto attiva. Poi, crisi, stabilimenti chiusi, stretta al portafoglio… e tutte queste realtà sono venute meno. A parte che qua, le costruzioni sono a rischio di dissesto geologico, quindi è vietato costruire per fortuna… alcune abitazioni sono state smantellate. Il problema dello smaltimento è un disastro… facendo dei lavori di manutenzione potresti mantenere delle realtà che esistono già senza doverne costruire delle nuove.”
Poco più in là, comincia la parte selvaggia, poco contaminata dall’intervento dell’uomo. Ci fermiamo lì per trovare un po’ di ristoro dal sole tiepido ma insistente di Torino.
“Quando ho tempo, vengo qua, mi porto il costume, attracco con la barca e mi faccio una nuotata”.

Io la nuotata non l’ho fatta, ma immergere le gambe in quell’acqua fresca è stato un emozionante toccasana. Ero pienamente presente a me stessa e distante dal resto… La stessa sensazione che provavo da bambina, quando munita di maschera e pinne, trascorrevo ore a esplorare il mondo marino.
Offrendo l’opportunità di entrare in contatto con la natura che ci circonda, molte iniziative dell’Associazione Vie d’Acqua hanno alla base l’obiettivo di accompagnare anche – e soprattutto – i più piccoli, in un processo di consapevolezza, così che possano imparare a rispettare e prendersi cura dell’ambiente.
“Associamo all’attività di raccolta e recupero di rifiuti un concetto di apprendimento di una disciplina ludico-sportiva… Quando collaboravo con l’Armida nell’ambito dell’Estate Ragazzi, venivo in pausa pranzo e mi portavo qualche ragazzino in barca… si divertivano un sacco! I bambini sono molto più creativi degli adulti, qualche cosa sicuramente se la inventano. Una volta una mamma è venuta incazzata con me perché facevo fare il bagno ai ragazzi, qui a riva.. infatti non era per il pericolo, ma per lo schifo. Il concetto è proprio quello: combattere un pochino i preconcetti e i pregiudizi nei confronti del Po.”
E mentre parliamo di ripulitura del fiume, una tanica in plastica verde compare all’orizzonte.
Imbarcato il boccione a bordo, rientriamo verso il circolo Armida da cui siamo partiti. Con la pelle arrossata e il cuore pieno di cose belle, scendo sulla terraferma e osservo i gesti esperti e gentili con cui Marco si prende cura della sua barca prima di riporla sotto il tendone, in attesa della prossima evasione dalla terraferma.
“Noi marinai le barche le trattiamo bene, molto bene.”

Appassionata di scrittura e giornalismo, provo a dare forma ai diritti umani con le parole.
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